Avevamo sbagliato nella stima
del Crocifisso del Cimitero di Montegranaro che Arkeo sta facendo restaurare
grazie alla donazione di Giuseppe Raparo. Un errore dovuto al pessimo stato di
conservazione dell’opera e ad alcuni interventi che ne hanno falsato il reale
valore che, oggi che lo stiamo pulendo e restaurando, sta venendo fuori con
tutto il suo splendore e con un mistero interessantissimo da svelare.
Il Crocifisso non è di cartapesta come pensavamo, bensì è una scultura lignea finissima, con un incarnato
levigatissimo e traslucido che ricorda l’avorio. Quello che Marco Salusti sta
scoprendo portando via, con certosina pazienza, la patina di sporco, sedimenti
e materiali posticci, è incredibile: siamo di fronte a un’opera di grandissimo
valore artistico che, francamente, non ci aspettavamo. Avevamo pensato alla
cartapesta perché tutte le articolazioni del Cristo erano avvolte da una tela
poi stuccata e ridipinta che ci ha ingannato, facendoci pensare a qualcosa di
molto più rudimentale.
In tutto questo, però, si
apre un mistero: le articolazioni della statua sono mobili. Sono mobili le
spalle, e questo, pur non essendo diffusissimo, è un particolare che si
riscontra in diversi casi. Il movimento delle spalle serve a rendere la
scultura utilizzabile come Cristo in Croce e come Cristo morto, chiudendone le
braccia. Ma la cosa stranissima e davvero inconsueta, per non dire unica, è che
anche le articolazioni del gomito e del bacino sono mobili, facendo della
scultura una sorta di manichino. Probabilmente il suo utilizzo era più ampio e
con questi movimenti era possibile collocarlo come Crocifisso, come Cristo
Morto ma anche come Cristo Risorto, ruotando le spalle di 180 gradi e piegando
i gomiti, aprendo il bacino per fargli assumere la posizione eretta.
Tutto questo è misterioso, in
quanto non abbiamo notizie di opere simili. In verità i crocifissi mobili
esistevano già dal XIII secolo nell’arte gotica, e ci sono esempi anche in
epoche più recenti, ma si tratta sempre e comunque di un’articolazione della
spalla limitata al movimento delle braccia di 90° che consenta l’apertura e la
chiusura delle stesse. Il nostro, invece, oltre a presentare questo movimento,
risulta mobile sulle spalle in rotazione, permettendo l’apertura dei palmi
verso l’alto per il Cristo Trionfante, e sui gomiti, piegando il braccio. Inoltre
è presente un’articolazione a livello del bacino che permette il movimento
delle gambe. Non siamo ancora certi ma pare che sia articolato anche il collo
in modo di poter inclinare la testa in diverse posizioni.
La scultura in sé, dicevamo,
è di fattura finissima e preziosa ma è in uno stato di conservazione davvero
deprecabile. All’interno degli insetti hanno scavato il legno per nidificare e
la parte posteriore del bacino e completamente distrutta. L’opera di restauro
sarà quindi molto approfondita, sempre seguita da Claudio Maggini della
Soprintendenza delle Marche. È logico pensare che la collocazione dell’opera,
una volta terminato il restauro, non possa essere alle stesse condizioni di
prima dell’intervento. L’ideale sarebbe una sua collocazione museale, magari
all’interno del Municipio, una volta terminata la ristrutturazione prevista per
l’anno prossimo. Anche una sua ricollocazione nella Cappella delle Anime Sante
sarebbe possibile ma mantenendo l’uscio chiuso, magari sostituendo la porta con
un infisso in vetro. Ne parleremo con chi di competenza appena possibile.
Intanto non nascondo la mia
personale soddisfazione, né quella dello stupefatto e meravigliato Marco
Salusti, nel constatare come, pensando di fare un tipo di lavoro, ci siamo
ritrovati in mano un oggetto estremamente più prezioso, completamente diverso
da quello che avevamo valutato. In questo modo arricchiamo Montegranaro di un’altra
opera pregevolissima.
Luca Craia
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