Nelle Marche investiamo in turismo. È giusto e doveroso: viviamo in
una delle regioni più belle d’Italia, una regione che offre tantissimo in
termini di bellezze naturali, di patrimonio culturale e artistico, di peculiarità
enogastronomiche, quindi è sacrosanto investire in questo comparto che potrebbe
essere davvero l’economia del futuro. Il problema è che l’anno scorso c’è stato
un terremoto, e qualcuno dovrebbe essersene accorto. Il terremoto ha distrutto
il tessuto economico e sociale di aree regionali precise che ora necessitano,
nonostante sia passato più di un anno, di immediate e urgenti misure di
ripristino della normalità.
La Regione Marche ha stanziato nei giorni scorsi, su proposta degli
assessori Moreno Pieroni e Fabrizio Cesetti, ulteriori 400.000 Euro per l’accoglienza
e la valorizzazione dei territori nelle tre province colpite dal sisma. Sono soldi
che andrebbero ad aggiungersi a quelli degli sms solidali, anch’essi destinati
alla promozione del territorio da un punto di vista turistico, quelli coi quali
si voleva costruire una pista ciclabile. I soldi verranno così ripartiti: 150.000
Euro per il territorio della Provincia di Macerata; 130.000 Euro per il
territorio della Provincia di Ascoli Piceno e 120.000 Euro per il territorio
della Provincia di Fermo.
Verrebbe da dire “molto bene”. Verrebbe da dirlo se, dopo oltre un
anno dal terremoto, si sia fatto in modo di terminare la fase emergenziale e si
stia lavorando per il ritorno alla normalità. Sebbene questa sia l’illusione
che si vuol far passare a livello mediatico, dando informazioni vagamente
distorte come il quantitativo di macerie rimosse, tralasciando di citare il
quantitativo di macerie non rimosse, oppure citando il numero di casette
assegnate dimenticandosi di dire il numero di quelle non assegnate, chi è attento
e attinge alle informazioni dirette, che pure ci sono, sa benissimo che l’emergenza
non è affatto passata.
Farsi un giro per le zone terremotate equivale a vedere cumuli di
macerie che stanno ancora lì, a far bella mostra di sé. Equivale a vedere, nel
mese di ottobre, con l’inverno alle porte, anzi, direttamente dentro l’ingresso,
gli sbancamenti per le aree SAE ancora in atto, le opere di urbanizzazione
ancora in alto mare, la gente ancora a vivere nelle roulotte. Allora la persona
dotata di buon senso si chiede in maniera del tutto naturale: che turismo
vogliamo promuovere? Cosa vogliamo mostrare a questi turisti? Le macerie? Le
condizioni di vita di estremo disagio delle popolazioni che ancora resistono
sul territorio? I beni culturali che non ci sono, che sono stati trasferiti
altrove? Le chiese e i palazzi splendidi di queste zone puntellati, crollati o
addirittura chiusi nelle zone rosse?
Promozione del territorio, se volessimo essere logici, potrebbe voler
dire investire nei restauri, nello sgombero delle macerie, nel sostegno alle
imprese ricettive e di ristorazione. Perché se facciamo i bellissimi concerti
di Marcorè, quando i concerti finiscono la gente se ne va ma i problemi
rimangono tutti lì. E sono soldi sprecati. E se promuoviamo un territorio dove
la gente non può vivere perché non ha le condizioni minime di sussistenza, perché
deve affrontare un altro inverno in una roulotte ghiacciata, perché non ha più
i servizi essenziali, a favori di chi lo promuoviamo, questo territorio? Se non
ci sono ristoranti e alberghi, a favore di chi vogliamo incentivare il turismo?
Gli assessori Pieroni e Cesetti dovrebbero chiedere al loro collega
Sciapichetti com’è la situazione nelle zone terremotate. Sicuramente
Sciapichetti direbbe loro che è un disastro, che la gente sta vivendo, anzi,
sopravvivendo tra mille disagi, che quelli che se ne sono andati, quelli che
sono stati deportati, non torneranno perché stanno mettendo radici altrove. Investire
in turismo ora, in questa situazione, è illogico. Ora occorre investire per
accelerare la fine della fase di emergenza che, invece, sembra rallentare
sempre più.
Luca Craia
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