C’è tanto che non va nella gestione del post-sisma (faccio fatica a
chiamare questa fase “ricostruzione”, si capirà il motivo): ci sono le macerie
che ancora non vengono rimosse se non in minima parte, ci sono le casette che
non arrivano e pare non arriveranno per adesso (e nemmeno per settembre), ci
sono le attività che non riescono a ripartire, ci sono tanti soldi sprecati, ci
sono le piste ciclabili che più le elimini e più tornano fuori.
Poi ci sono gli odiatori, quelli che contestano non la situazione
evidentemente scandalosa ma te che ne parli. Ieri una signora mi ha apostrofato
dicendo che le faccio venire voglia di votare Renzi col mio modo “livoroso” di
trattare l’argomento, lasciando trapelare una forte convinzione nel suo non
votarlo. Un altro personaggio mi ha accusato di cercare visibilità, salvo poi
divulgare egli stesso informazioni sul terremoto chiedendo a tutti di
condividerle e taggando mezzo mondo, cosa che io non mi sogno nemmeno di fare, ma evidentemente lui è l’eletto
e gli altri non sono un c…., per citare il maestro di vita Monicelli-Onofrio
Del Grillo. Come ti muovi, qualsiasi cosa scrivi, trovi qualcuno che si
arrabbia, non per le storture che denunci, ma perché le denunci.
È un continuo: non è piaciuta la diffusione del cimitero di Ussita
distrutto e con le bare irrispettosamente lasciate all’aria aperta, non è
piaciuta la denuncia del fatto che Risorgimarche non sia affatto gratuita come
vogliono farci credere bensì viene pagata con soldi pubblici (ma è noto che chi
tocca Marcorè muore), addirittura c’è chi si è arrabbiato perché ho raccontato
la storia di un disabile che è stato respinto al concerto di Paola Turci, non
indignandosi per il trattamento subito dal signore disabile, ma perché “non ti
sta bene mai un c…”.
Ho il sospetto che ci sia una strategia politica dietro questi
attacchi, rivolti a me ma anche ad altri che, come me, cercano di tenere accesa
la luce sui problemi e non sui cantanti. Se apro i profili social di chi
attacca così duramente (a volte ci sarebbero i requisiti per delle succose
querele), sono sempre persone fortemente esposte a sinistra, laddove la
sinistra è quella moderna di Renzi & Co e non quella di cui anche io sento
la mancanza. Si può quindi supporre che sia in atto la classica campagna
denigratoria dell’avversario tanto cara a un certo tipo di politica
filo-dittatoriale.
Ma credo che ci sia anche
altro, ossia un fenomeno, anzi, una fenomenologia, come l’avrebbe chiamata il
compianto Umberto Eco, dell’odiatore seriale e compulsivo. Non sono attrezzato
per analizzare questi tipi di comportamento, ma sembrano inequivocabilmente
qualcosa di malsano, distorto. Non è solo, come dico spesso, guardare il dito
che punta alla luna, è qualcosa di peggio. Perché, se si denuncia la storia di
un’ingiustizia, normalmente ci si dovrebbe indignare per la vittima e non con
chi racconta la storia. Se si raccontano le disfunzioni del sistema, ci si
preoccupa per il proprio futuro e non si accusa chi le narra di disfattismo
(bruttissimo termine tanto caro alle antiche dittature italiche).
Ammetto che possiamo non essere d’accordo sui punti di vista, ma se
uno scrive sistematicamente secondo il proprio e questo infastidisce al punto
da perdere la calma e scrivere pubblicamente improperi, sarebbe molto più sano
evitare, in futuro, di leggere quello che il soggetto che tanto ci irrita
scrive. Chiederò a qualche amico più preparato di me sulla psiche umana di
lavorarci su. Vi faccio sapere.
Luca Craia