martedì 1 settembre 2015

I parassiti dei cipressi dall’emisfero australe a quello boreale passando per Cura Mostrapie



Qualche giorno fa segnalai la situazione drammatica delle piante del nostro cimitero. Sia le siepi che i cipresso si stanno seccando, senza tanti giri di parole. A parte l’incuria generale in cui versa il nostro camposanto, credo che far morire queste piante ormai diventate storiche, sia davvero da irresponsabili. All’articolo rispose Il consigliere comunale Chiara Michetti spiegandoci che tale parassita è stato identificato come la piralide del bosso. Sono stati consultati agronomi ed esperti e il comune sta aspettando l’esito di tali consulti per intervenire. La Michetti, però, ci dice che l’intervento va fatto in periodi ben precisi, da cui desumiamo che, non essendo in corso alcun tipo di provvedimento, il periodo non è questo.
Poi leggiamo del Comune di Sant’Elpidio a Mare che interviene sul cimitero di Cura Mostrapiedi dove le piante sono attaccate da un parassita chiamato piralide del bosso. Curioso, ha lo stesso nome di quello che ha attaccato le nostre. Il Comune di Sant’Elpidio a Mare ha chiuso il cimitero per intervenire con urgenza cercando di salvare il salvabile. Da noi, invece, bisogna attendere il periodo più opportuno. Da noi non è questo il periodo più opportuno. A Sant’Elpidio a Mare, invece, sì. Ma, si sa, Cura Mostrapiedi è nell’emisfero australe mentre il nostro cimitero in quello boreale. Il parassita che ha attaccato le siepi del cimitero elpidiense evidentemente non è uguale al nostro, pare che sia una versione marsupiale. E poi da noi ora è estate mentre nell’emisfero australe è inverno, per cui i periodi non combaciano. A meno che la dottoressa Michetti non voglia illuminarci, credo che la spiegazione più logica sia questa. O forse ne ho un’altra ma non ve la dirò.

Luca Craia


Il Comune ispeziona le insegne. Precauzione o modo per far cassa?



Il Comune di Montegranaro ha comunicato nei giorni scorsi, tramite Facebook (è uno dei comuni più social d’Italia, almeno sotto questo aspetto), l’intenzione di ispezionare le insegne pubblicitarie delle varie attività presenti sul territorio. La legge è chiara: le insegne sono soggette ad autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada su cui insistono e tale autorizzazione ha una durata di tre anni, dopo di che è necessario rinnovarla ripresentando la certificazione di stabilità.
Quindi, da un punto di vista della sicurezza e della pubblica incolumità è giusto che questo venga monitorato. Molti cartelli, infatti, sono posti su pali e la loro stabilità è importante. Il punto è che esistono diverse insegne di attività cessate, chiuse, fallite. Certamente queste insegne non sono più a norma ma, nel caso, a chi si rivolgerà il Comune per sistemarle? Nel caso poi presentassero delle pericolosità, chi si farà carico dello smontaggio?
Infine, ho ragione di credere che ci siano moltissime insegne non in regola, anche se in condizioni perfette e, quindi, non rappresentanti alcun pericolo. Ecco, di queste mi preoccupo. Perché, per quanto sia giusto e doveroso rispettare le regole, in una fase economica difficile come questa andare a gravare sulle casse delle imprese e dei commercianti con nuovi costi ed eventuali contravvenzioni forse non è troppo opportuno, specie quando, con ogni evidenza, altri tipi di infrazioni (vedi quelle al codice della strada o sul conferimento dei rifiuti) vengono sistematicamente tollerate. L’ottimo sarebbe una ricognizione delle insegne, un intervento su quelle pericolose senza, per ora, andare a pesare sulle imprese.
Infine sarebbe giusto dotarsi di un piano della cartellonistica che, al momento, non c’è. E questo genera obbrobri inguardabili e reali situazioni pericolose per la circolazione. Ma, in assenza di un piano, appunto, come si fa a intervenire?

Luca Craia

Aumenti Steat, disservizi e Comune silenzioso.



Oggi aumentano le tariffe Steat. Con i prezzi dei carburanti in ribasso, gli stipendi fermi e un’economia stagnante non si capisce proprio come mai si debbano fare degli aumenti tariffari sui trasporti, specie a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico, ma questo è quanto. Del resto la Steat è azienda privata, anche se a partecipazione pubblica, e il suo Cda è libero di decidere come meglio crede, con l’avallo della Regione Marche. E, a quanto pare, la Regione Marche, retta da un governo di centro-sinistra, avalla volentieri perché, probabilmente, ritiene che questi aumenti tutelino le classi meno abbienti, quelle che, appunto, utilizzano i mezzi pubblici.
Ancora una volta il Comune di Montegranaro tace. Pur essendo il Comune che partecipa alla Steat con il maggior numero di abitanti (tolto Fermo), e pur avendo (ma ce l’ha?) un rappresentante nel Consiglio di Amministrazione, il Comune di Montegranaro non muove una paglia per tutelare i propri cittadini. Non lo ha mai fatto nemmeno in passato, quando i nostri ragazzi venivano ammassati come bestie su carri bestiame o per controllare il calcolo dell’inquadramento della tratta che, a mio parere, è sbagliato per eccesso (vedi articolo http://laperonza.blogspot.it/2015/05/quanto-paghiamo-in-piu-per-andare-fermo.html) e, quindi, stiamo già pagando più del dovuto.
Quindi dovremo digerire anche questo aumento. E non ne chiederemo conto ai nostri amministratori perché, si sa, chiedere conto, protestare, far valere le proprie ragioni oggi a Montegranaro equivale a schierarsi contro, anche se contro non si è ma si manifesta solo un malessere. E andare contro alla nuova politica, credetemi, non è affatto facile. Anzi, direi che è pericoloso.

Luca Craia