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mercoledì 28 dicembre 2016

Telecamere, tutor, t-red e varchi elettronici. Il rischio “Grande Fratello” nei buoni propositi.

Non ho dubbi sulla bontà dell’intento della Giunta Calcinaro nell’installazione dei varchi elettronici alle porte della città di Fermo. Il loro utilizzo sarà sicuramente utile per la lotta alla criminalità, così come sono potenzialmente utili le tante telecamere di videosorveglianza che vengono piazzate un po’ ovunque e che, se realmente funzionanti e non solo come deterrente spento, possono sostenere indagini e limitare le azioni delinquenziali. Anche i vari autovelox, tutor e marchingegni del genere, pur se utilizzati troppo spesso a scopo vessatorio, possono essere di grande aiuto per tutelare l’ordine pubblico e il rispetto delle regole.
Purtroppo, però, sono strumenti il cui utilizzo non è unico e, francamente, temo che, in mano ad amministrazioni meno in buona fede delle attuali, posta per accettata quella delle attuali, possano diventare un mezzo di controllo e repressione formidabile. In realtà si sta creando, più o meno inconsapevolmente (almeno spero) una rete di strumenti di controllo che, se opportunamente organizzata, potrebbe costituire una forma di controllo sulla libertà individuale pericolosissima.
È ovvio che la garanzia della sicurezza è basilare, specie in una società dove questa sicurezza è percepita come in diminuzione drastica. Rimane però importante garantire la libertà dell’individuo e scongiurare qualsiasi pericolo questa possa correre. Questi strumenti, purtroppo, pur essendo valido mezzo di prevenzione e lotta contro la criminalità, costituiscono un serio pericolo, almeno potenzialmente, per la libertà dei cittadini. Per questo ci andrei molto cauto, per non pentirsi in futuro.

Luca Craia

mercoledì 21 gennaio 2015

Strane concezioni di democrazia



C’è una nuova concezione di diritto d’opinione, di libertà di espressione, di facoltà di criticare che viene ripetutamente espresso dalla destra di governo cittadina, ivi compreso il suo più alto esponente nonché seconda carica comunale, il Vicesindaco. Secondo questa visione chi non si è candidato non avrebbe diritto di criticare. Più di una volta ho letto sui social di personaggi della suddetta area politica che apostrofavano utenti in disaccordo con loro con frasi del tipo: “allora candidati e poi ne riparliamo” o “perché non ti candidi e ci pensi tu”. Lo stesso Vicesindaco ha più volte redarguito il sottoscritto ricordandogli le sue “scarse performance” elettorali del passato (1990 e 1995 – ndr) e confrontandole con le sue certamente più alte prestazioni. Lo scopo sostanziale è quello di dire che, se vogliamo permetterci il lusso di dire la nostra, di criticare chi ci governa o anche soltanto dare un’opinione in dissonanza con la loro, dobbiamo prima presentarci alle elezioni e poi, eventualmente se eletti, discutere in sede istituzionale. Altrimenti silenzio.
Ebbene non è questa la democrazia. Capisco che una certa destra faccia anche fatica a ragionare in senso democratico, ma la democrazia rappresentativa, quella che abbiamo in Italia o che, per lo meno, ci fanno pensare di avere, non da obbligo al cittadino elettore di fornire una delega in bianco all’eletto per la durata del suo mandato privando lo stesso elettore, in questo periodo, di ogni facoltà di critica. Il candidato eletto viene delegato dall’elettore a svolgere la sua funzione ma l’elettore, tramite l’opposizione o in forma diretta può, anzi, dovrebbe controllarne l’operato e manifestare il suo eventuale dissenso liberamente. Di conseguenza l’eletto dovrebbe ascoltare con spirito costruttivo e di servizio l’opinione degli elettori anche quando questa è totalmente in disaccordo con il suo operato.
Del resto, se tutti i cittadini che si occupano di politica (che sono sempre troppo pochi, purtroppo) dovessero candidarsi, altro che le cinque liste che abbiamo visto alle ultime amministrative montegranaresi! Altro che preferenze! Altro che rappresentatività! L’attuale Vicesindaco governa Montegranaro con poco più di un terzo dei voti (e quindi rappresentando una parte minoritaria dell’elettorato) ma, se fosse come lui vorrebbe che sia, si andrebbe a governare rappresentando soltanto qualche decina di cittadini. Se è questo il concetto di democrazia che si ha…

Luca Craia

venerdì 16 gennaio 2015

Un conto è la satira, un conto l’insulto.



Premetto che ripudio ogni forma di violenza e che nulla giustifica quanto accaduto in Francia alla redazione di Charlie Hebdo, nessuno è autorizzato a fare del male, men che meno a uccidere un altro essere umano per nessun motivo al mondo. Premetto anche che la libertà di opinione e di espressione è sacra come ogni libertà, tenendo conto però che la libertà di ognuno finisce dove comincia quella degli altri. Premetto anche, e in conseguenza a quanto ho appena detto, che condanno fermamente l’attacco al giornale parigino.
Fatte queste premesse, però, vorrei illustrare il mio modesto punto di vista sulla stessa pubblicazione che, a mio parere, tutto è tranne che un giornale satirico. La satira può e, consentitemi, deve essere tagliente, cattiva, altrimenti non è satira. Ma deve avere un fine nobile, deve perseguire un ideale, deve essere uno strumento per far passare un messaggio positivo, sia esso politico o morale. E, comunque, deve avere un rispetto di fondo verso le persone. Nel caso di Charlie Hebdo non mi pare che questo fine esista o, almeno, io non lo vedo. Prendere in giro miriadi di persone per la loro religione è stupido, cattivo, irrispettoso e, soprattutto, gratuito. Qual è lo scopo di mortificare chi crede in qualcosa? Qual è lo scopo di offendere tutti i musulmani del mondo? Tutti i cattolici del mondo?
Credo, quindi, che a Parigi si sia commesso un crimine disumano. Ma che questo crimine abbia poco o niente a che vedere con la libertà di stampa, con il diritto di opinione e con la satira. Charlie Hebdo è sempre stato un giornale moralmente discutibile che utilizza l’insulto gratuito per vendere qualche copia in più. Ciò, ovviamente, è inutile dirlo, non deve essere una giustificazione per quanto accaduto. Serve solo a chiarire il punto.

Luca Craia

lunedì 12 gennaio 2015

L’ape cattiva, la libertà di espressione e l’arroganza del potere



Faccio mea culpa stamattina, dopo un lungo esame di coscienza. Ho ragionato a lungo e ho sbagliato. Sono stato cattivo a pubblicare su Facebook la foto della macchina del padre (mi pare di aver capito, io non so che faccia abbia, figuriamoci se posso sapere che macchina ha) del vicesindaco. Lo so, ho postato centinaia di macchine parcheggiate a fallo canino, ma questa me la potevo proprio risparmiare.
Si, lo so, stava parcheggiata in mezzo alla strada, su un dosso, in un incrocio, arrecava pericolo ai passanti, ma suvvia: è una macchina importante. Se era di un povero cristo qualsiasi, allora va bene, ma questa… l’ha detto anche il vice sindaco: “come mai non fotografi le macchine in divieto di sosta appena 20 metri più avanti in prossimità dei semafori di porta romana che intralciano il traffico e quelli davanti ex macelleria di Pierina che spesso impediscono di salire verso via S.Ugo eppure li dovresti veder bene. Evide(ntemente) non sono di parenti di qualche assessore o consigliere di maggioranza. Se si vuol fare moralizzatore ed il perbenista bisogna farlo sempre e con tutti. Non solamente con chi ti sta antipatico. Solo per correttezza d informazione”. E c’ha ragione: o fotografo tutte, ma proprio tutte le macchine parcheggiate male oppure meglio che me ne sto a casa. Anche perché potrebbe accadermi quello che lo stesso minaccia: “stai a posto tuo e fai le foto alle tue proprietà e non dare fastidio prossimo che tanto ti si ritorce contro”.
Raccontiamo la storia: qualche giorno fa (come spesso accade, le foto che pubblico non le faccio tutte io) un lettore dell’Ape mi ha mandato alcune foto di via Risorgimento per far vedere quanto sia difficile circolare in quella via. Alcune le ho pubblicate subito, per una ho aspettato. Ho aspettato perché la macchina era parcheggiata davanti alla casa natale del vicesindaco e il dubbio che fosse di qualche parente m’è venuto e ho titubato (pensa un po’). Poi mi sono detto: parente o non parente, la macchina è parcheggiata male, in palese divieto di sosta, è pericolosa e io la foto la pubblico. E così ho fatto. Ho pubblicato la foto cancellando la targa e quindi rendendo il tutto anonimo, facendo in modo che si veda il peccato ma non il peccatore come ho fatto migliaia di volte, persino con la macchina dei Carabinieri.  Ma stavolta la macchina era di un parente del vicesindaco.
Il poveretto si è giustamente offeso: come mi permetto io di pubblicare una foto di una persona a lui vicina? Anziana e con problemi di salute? Inutile obiettare che se tutti gli anziani con problemi di salute lasciassero la macchina in mezzo alla strada sarebbe un bel pasticcio, ma bisogna vedere di chi sono parenti questi anziani. E chi ha osato commentare a favore della foto è stato giustamente  redarguito dal nostro amministratore, tirando in ballo amici e parenti. Persino il mio defunto padre è stato chiamato a testimoniare in suo favore.  In sostanza: devo smettere di fare foto perche se incidentalmente ritraggo possedimenti di nostri amministratori divento un pessimo elemento. E questo sono e me ne vergogno tanto.
Del resto, poi, la corte del suddetto amministratore non ha atteso per far partire il coro di sostegno. Addirittura il poeta di corte ha scritto un sonetto in endecasillabo giambico per testimoniare tutto il suo sdegno. I giullari e i buffoni sono andati con le danze, Grima Vermilinguo non ha lesinato consigli e anatemi sul reo (che sarei io). Insomma, s’è scatenato l’inferno (esagero: in realtà sono i soliti quattro o cinque lacchè, ma fanno tanto rumore).
Tutto questo mentre il mondo intero (e molta di questa gente) testimonia solidarietà verso la libertà di stampa così duramente attaccata in questi giorni. Per carità, non oso fare paragoni così arditi, ma anche la mia, di libertà di espressione, tanto che non mi pare di avere offeso qualcuno, conterà un pochetto o no? E comunque, la macchina era in divieto di sosta.

Luca Craia

sabato 6 dicembre 2014

Questa strana voglia di dittatura



È paradossale quanto stupido ma, nel momento di massimo declino della nostra democrazia il popolo italiano senta così forte la voglia di un governo forte, la nostalgia di momenti storici vergognosi, la necessità di sovvertire definitivamente le regole democratiche guadagnando un presunto ordine. C’è voglia di dittatura in Italia e non si capisce perché. Forse, come dice qualcuno, il fascismo è nel dna dell’Italiano che, incapace sostanzialmente di autogovernarsi, preferisce delegare ogni funzione all’uomo forte, all’organizzazione politica unica che lo dispensi dal decidere, dallo scegliere, dal pensare. Che questo vada a discapito della propria libertà poco importa: ciò che conta è che vi sia finalmente ordine, tranquillità e qualcosa che somigli al benessere.
Eppure già siamo in una dittatura, seppur blanda, seppur non (troppo) violenta, seppur mascherata piuttosto bene da democrazia. Non decidiamo più i nostri rappresentanti già da un po’, le nostre decisioni, anche quelle prese con lo strumento principe della democrazia che è referendum, vengono tranquillamente stracciate, c’è un partito unico, anche se mascherato da tanti partiti e movimenti, che governa e che si oppone. È la dittatura della classe dirigente che ha sfasciato l’Italia e l’ha ridotta in questo stato. È la dittatura di quella classe dirigente che non ha alcun interesse nel lasciar vivere il popolo italiano. È la dittatura dei potenti, di quelli veri. E voi pensate che, andando verso un sistema di potere forte conclamato quale possa essere un qualcosa che ricordi il fascismo questa gente possa scomparire nel nulla? In Italia hanno sempre governato loro. Una dittatura li agevolerebbe soltanto.
Vogliamo farci togliere quel poco di libertà che abbiamo? Vogliamo farci togliere anche l’unico momento in cui diventiamo davvero temibili, cioè quando votiamo? Difendiamo la nostra libertà. Esigiamo maggiore democrazia, partecipazione maggiori diritti, maggiore libertà. Facciamo con forza, partecipando, lottando, non rassegnandoci al governo dei forti, dei potenti. Solo partecipando alla politica possiamo salvaguardare la nostra libertà. Mussolini, per fortuna, è morto da tempo e non resusciterà. I nuovi Mussolini sono molto peggiori di lui. Non sognate la dittatura. Sognate la democrazia vera.

Luca Craia