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venerdì 9 settembre 2016

Il sistematico smontaggio dell’unica scuola a norma di Montegranaro



Probabilmente dipende dal fatto che la dirigente scolastica che regge il nostro IC non è del luogo e non ha alcun sentimento storico o di appartenenza con la città in cui presta la sua opera. Ma dipende anche dalla volontà politica manifesta del Sindaco Mancini, acclarata più volte anche a mezzo stampa con annunci di trasferimenti di altre strutture in quella sede. Fatto sta che continua l’opera di smontaggio, svalutazione e affossamento del plesso scolastico delle elementari centro, le scuole rosse, per capirci.
La precedente dirigenza aveva redatto uno stradario che, quantomeno, poneva i genitori che abitassero nelle zone attribuite al plesso del centro l’obbligo iniziale, ferma restando la possibilità di trasferire i propri figli altrove, di iscriverli nella scuola di appartenenza. Questo agevolava, ovviamente, la creazione di due sezioni. Con la nuova dirigenza non si è dato più valore al criterio geografico e la conseguenza è stata che quest’anno si è potuta organizzare una sola sezione, e con difficoltà, ovviamente a scapito della didattica.
A questa problematica oggettiva va aggiunta quella antica e pregiudiziale relativa alla massiccia presenza di alunni di origine straniera. Ovviamente la scuola del centro raccoglie i bambini dei tanti extracomunitari che vi risiedono e la loro scarsa dimestichezza, almeno nei primi anni, con la lingua italiana, unita a una presenza della famiglia a scuola molto spesso inferiore alle aspettative, genera preoccupazione per un eventuale rallentamento dell’apprendimento generale delle classi. In realtà, però, i dati oggettivi parlano di un livello di istruzione molto alto, il migliore tra i plessi montegranaresi, per cui questo si rivela essere un finto problema.
Quest’anno, ad aggravare ulteriormente la situazione, c’è la decisione di trasferire alcune insegnanti presso altri pressi, impoverendo la scuola del centro e causando una discontinuità nella didattica che diventa ulteriore fonte di malcontento e preoccupazione tra i genitori che già stanno ragionando su eventuali trasferimenti dei loro figli.
Così facendo si va inesorabilmente verso la fine della scuola rossa. Sarebbe un peccato. Lo sarebbe da un punto di vista storico perché è lì che sono andate a scuola generazioni e generazioni di montegranaresi. Sarebbe un peccato da un punto di vista sociale, perché la scuola rappresenta un organo vitale per un quartiere come il centro storico che soffre di gravissimi problemi. Sarebbe un peccato dal punto di vista della didattica, visto che la scuola rappresenta il miglior plesso cittadino. Sarebbe un peccato per la sicurezza, dato che l’edificio in questione è l’unico realmente a norma.
E allora perché si procede in questo scellerato proposito? Per me è inspiegabile. C’è una direttiva politica, è indubbio, e sappiamo quanta influenza il Sindaco abbia sulla dirigente scolastica. Ma le vere motivazioni sfuggono, sembra che si agisca di istinto, con una sorta di rabbia, una specie di desiderio di rivalsa. In tutto questo, probabilmente, il dirigente assume solo un’unica responsabilità: quella di non conoscere Montegranaro, di non amarla, e di agire sulla città come se stesse manipolando un materiale inerte, mentre qui si tratta di persone, storie, vite.

Luca Craia

domenica 30 agosto 2015

La barbarie della buona scuola



C’è un gran dibattere sull’ennesima riforma della scuola italiana voluta da Renzi, la cosiddetta “buona scuola” la cui definizione, come purtroppo in politica troppo spesso accade, afferma l’esatto contrario del contenuto. La riforma è, come quasi tutte le riforme propinate agli italiani in tema di pubblica istruzione fin dai tempi della compianta Franca Falcucci, un autentico disastro quasi nella sua interezza, tanto che in molti comuni italiani è possibile firmare per una proposta di referendum abrogativo totale della legge. Però la discussione popolare che si è aperta sui social network si è fermata all’introduzione delle tematiche cosiddette “gender” all’interno dell’istruzione programmata, cosa completamente censurabile, a mio modesto parere, ma che certamente non è l’unica grave mancanza di una legge evidentemente fatta con l’unico scopo di abbassare il livello culturale e impoverire ulteriormente il popolo italiano.
Vorrei invece puntare l’attenzione su una parte della riforma che va a toccare soltanto gli insegnanti e che, quindi, sembra meno interessante per i più ma che, invece, ci dà l’esatto stato di questa legge e del tipo di mentalità che l’ha generata. Con la riforma della “buona scuola” si offre la possibilità ai docenti precari più alti in graduatoria di diventare di ruolo. Per farlo, però, gli insegnanti sono costretti a farsi assegnare cattedre lontanissime dai luoghi di residenza. Il motivo di questo è assolutamente oscuro, a meno che non si cerchi di dissuadere gli stessi dall’approfittare dell’opportunità offerta. Il punto è che, rinunciando alla cattedra, si perde il posto in graduatoria e tutti i vantaggi acquisiti in anni di lavoro.
Immaginate cosa questa imposizione comporti. Parliamo di persone adulte, spesso sposate, con figli, persone che hanno messo radici e impostato la propria vita secondo la tradizione italiana che è stanziale. Sono persone che hanno contratto mutui per comprare casa, che hanno i figli iscritti a scuola, mariti o mogli che lavorano, sono persone che hanno una vita sociale, rapporti sociali. Ora si chiede loro di abbandonare tutto e andare a tre o quattrocento chilometri da casa e strapparsi dal proprio terreno abbandonando la loro vita. Si chiede loro di abbandonare le famiglie e di imporre alle famiglie di sradicarsi e seguirle. È un’autentica barbarie.
Perché si fa questo? Non è chiaro. L’impressione è quella che dicevo prima: si vuole impoverire il popolo italiano. Si sa che moltissimi insegnanti rinunceranno alla carriera piuttosto che distruggere la loro vita familiare e sociale. Queste persone saranno più povere. Chi accetterà si condannerà a una specie di inferno che gli toglierà la necessaria serenità per svolgere proficuamente il proprio lavoro, a discapito della qualità dell’insegnamento. È una barbarie che di per sé non sembra avere alcuna logica positiva. Eppure un motivo ci deve essere e credo di individuarlo nella volontà di annichilire sempre di più il popolo italiano. In tutto questo non si leva una voce a difesa della categoria. Tacciono i sindacati sempre più inutili, per non dire dannosi, tacciono le forze politiche della cosiddetta sinistra. Tace anche la gente, tutta presa a discutere di gender, che non si accorge di come ci stanno fregando, pezzetto dopo pezzetto, il futuro.

Luca Craia