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venerdì 27 gennaio 2017

Beverati fa infuriare gli Ebrei di tutta Italia con la sua Giornata della Memoria personale.



Non era facilissimo ma c’è riuscito. Giacomo Beverati, il colto assessore alla Cultura del Comune di Montegranaro, è stato capace, in un colpo solo, di fare arrabbiare gli uomini di cultura di sinistra (i sedicenti tali sono in tutt’altre cose affaccendati), di mettere in imbarazzo l’alleato di estrema destra e di mandare su tutte le furie la comunità ebraica di Facebook. Come ha fatto? Ha invitato un suo “grande amico” (sono tutti amici suoi, quelli che invita), Diego Fusaro, a parlare di “memoria contesa” al teatro La Perla.
Io non andrò  perché avro altro da fare, quindi non posso e non voglio scendere nel merito dell’argomento trattato. Però ho molti amici ebrei che mi hanno subito fatto notare quanto fosse brutto il concetto di “memoria contesa”, come se non esistesse una verità storica ma bisognasse trovarne una che accontenti tutte le parti in lizza, revisionisti compresi.
Le reazioni del mondo ebraico sul social network sono furiose e gli epiteti si sprecano, sia per il giovane filosofo che per il nostro assessore. Ho notizia di discussioni accesissime contro l'operato del nostro su diversi gruppi Facebook di cultura ebraica. C’è però un risvolto positivo: Montegranaro è diventata famosa. Grazie Giacomo!
                                      
Luca Craia

giovedì 11 febbraio 2016

La diversificazione dei morti ammazzati



A me dà molto fastidio, anzi, mi fa arrabbiare. Ogni anno tocca assistere a questa tristissima gara a quale morto sia più morto e a quale carnefice sia più carnefice. È più cattivo il nazistone o il comnunistaccio di Tito? Sono morti peggio gli Ebrei nei forni o gli Istriani nelle foibe? Tutto ciò mi manda davvero in bestia perché, vedete, secondo me è proprio per queste mentalità che tutta quella gente innocente è morta. È questa costante contrapposizione tra uomini che porta a queste mostruosità, questa necessità di schierarsi gli uni contro gli altri anche quando si dice la stessa cosa. Perché il punto è questo: se ci fa orrore il campo di sterminio ci deve per forza fare orrore la foiba. E viceversa.
Giocano su questo, i potenti. La divisione tra gente pensante è una cosa su cui lavorano da sempre, è quella che fa prendere loro maggior potere, è il fulcro tramite il quale riescono a spostare il mondo a favore dei loro interessi. Così ci fanno dividere tra juventini e milanisti, tra terroni e padani, tra comunisti e fascisti, tra pro unioni omosessulali e contro. E anche quando parliamo di concetti universali, di valori che non dovrebbero essere più messi in discussione come la vita stessa e il diritto di viverla, riescono a spaccarci.
Lo dico da sempre: contesto l’esistenza di due celebrazioni distinte. È per questo che, per me, il Giorno della Memoria racchiude la celebrazione e il ricordo di tutte le vittime della violenza politica e dei totalitarismi. Continuare a celebrare separatamente vittime della stessa disumanità, anche quando rivestita di involucri differenti, contribuisce a creare i presupposti perché quella disumanità sia potenzialmente rinnovabile nella storia futura. Ricordiamo le vittime tutte insieme: sono vittime della stessa cattiveria, dello stesso orrore, che si chiami comunista, fascista, nazista, o in mille altri modi diversi. Il genocidio, la violenza politica, la sopraffazione del potente sul più debole con ogni forma di violenza deve essere condannata con la stessa forza dagli uomini di buona volontà. Altrimenti siamo noi stessi complici di quella violenza.

Luca Craia

domenica 10 agosto 2014

Palestina. Io sto con la vita. La stampa ha la colpa maggiore.



Ho cercato in ogni modo di non parlare della questione “Gaza” perché la ritengo talmente complessa che non la si possa trattare nel ristrettissimo spazio che la comunicazione via web ci consente. Stasera, però, ho avuto la sventura di assistere al Tg2 che, in rapida sequenza e senza apparente logica, ha trasmesso un servizio che piangeva stile mariadefilippi i bambini morti palestinesi, giustamente, perché i bambini sono solo da piangere in questi casi, e subito dopo si indignava per le scritte antisemite comparse a Roma.
Allora capiamoci, perché bisogna cercare di capire, nonostante non abbia io la pretesa di capire né di far capire. La questione palestinese è vecchia come il mio compianto nonno. Nel frattempo sono accadute tante cose. Per esempio è accaduto che i Palestinesi abbiano preferito perorare la loro causa, perfettamente legittima e condivisibilissima, anziché su un piano diplomatico, politico, sociale, su quello militare, dichiarando guerra a quello Stato che allora era ancora illegittimo e che si chiamava Israele. Dichiarare guerra a uno Stato illegittimo equivale a legittimarne l’esistenza. Quando poi la guerra la si perde in sei giorni, portandosi dietro nella sconfitta mezzo medio-oriente, è tutto un dire su quali siano i progetti politici di questa gente.
Da quel momento Israele ha cominciato a essere Stato legittimo, perché attaccato, perché difesosi, perché ha dimostrato al mondo di avere le carte in regola per esistere. I Palestinesi, al contrario, hanno dimostrato, a partire da allora, di essere solo dei guerrafondai, con tutte le ragioni del mondo dalla loro parte, ma adusi alla violenza e, in quanto tali, non assimilabili a qualsiasi tipo di interlocuzione. Del resto la scena del compianto (purtroppo, perchè poi è venuto ben peggio) Arafat con la pistola all’Onu è, o dovrebbe essere, ben presente nella mente di chiunque si permetta di parlare della questione.
I Palestinesi avevano ragione. Avevano. Gli Ebrei hanno rubato, pagato invero ma a quattro soldi, le loro terre e ci hanno impiantato un nuovo Stato col placet del mondo semplicemente perché gli Ebrei avevano i soldi e poi erano reduci dall’olocausto. Ma sono stati abilissimi, i Palestinesi, a passare dalla ragione al torto, con decenni di terrorismo in terra di Palestina e internazionale. Gli episodi li tralascio, stanno sui libri di storia. Nel frattempo hanno continuato ad attaccare militarmente e terroristicamente Israele che, sia per aver vinto la guerra che per una sorta di usucapione storica, ormai ha tutto il diritto di esistere.
Faccio una parentesi umana. Immaginate di essere un pacifico ebreo tedesco o italiano, scappato dal genocidio nazista. Immaginate di avere fondato la vostra vita in uno Stato che vi prometteva la Terra Promessa. Immaginate di venire quotidianamente bersagliato da missili (miccette, se vogliamo, che se vi pigliano in testa vi ammazzano) da parte dei Palestinesi. Immaginate di prendere un autobus con la paura di saltare in aria per un attentato. Immaginate di temere per i vostri figli ogni giorno che vanno a scuola. Non sareste voi intransigenti nei confronti di chi rifiuta ogni dialogo, rifiuta ogni mediazione preferendo le armi? Poi, si sa, gli ebrei hanno i soldi, e con i soldi si comprano le armi. Somiglia alla storia del cagnolino rompicoglioni che gira intorno al cane grosso legato alla catena. Se si scatena il cane grosso lo frantuma.
In sostanza la ragione sta in mezzo, come sempre. Da una parte un popolo privato della sua terra ma che la sua terra non l’ha mai posseduta davvero, dall’altra un altro popolo che ha subito di tutto, che ha potenziale economico e che lo spende per crearsi una patria, calpestando gli altri in nome del calpestio subito nei secoli. Il problema è che i Palestinesi hanno scelto, democraticamente (forse) Hamas. E Hamas non fa politica, spara. E se spari in risposta non puoi aspettarti che spari di reazione. E se gli spari di reazioni vengono da un cane più grosso, ma tanto, più di te, che pensi di ottenere? Allora sposti i civili in modo che vengano colpiti. Cerchi il vittimismo, Ti fai uno scudo del sangue dei tuoi.
Il giornalismo internazionale è colpevole. È colpevole di antisemitismo, di razzismo, dei morti che non si fermano. Perché basterebbe ragionare e far ragionare. Israele ha torto ma, dopo settantanni, ormai ha ragione.  C’è una via di mezzo che si chiama negoziato, che non può passare per i tunnel per fare gli attentati, per i razzi quotidiani, per i kamikaze islamici imbottiti di tritolo,  per le tregue unilaterali non rispettate a caccia di altro sangue per piangere le proprie vittime. I bambini morti li hanno ammazzati in due: Israele e Hamas. Se non capiamo questo non se ne esce, e la colpa, fondamentalmente, è della stampa che poi si indigna per i manifesti antisemiti di Roma che hanno generto loro, giornalisti fasulli.

Luca Craia