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lunedì 17 ottobre 2016

Perché Morrovalle sì e noi no?



Bisogna farli, i paragoni. Servono per migliorarsi. Bisogna guardare agli altri, a quello che fanno bene, non per invidiarli ma per capire dove sbagliamo e dove loro sono più bravi, e fare lo stesso. Ecco alcune delle 70/80 riflessioni che faccio ogni giorno per tenermi in forma e mi sono venute ieri, domenica, passando per Morrovalle e leggendo alcun post su Facebook.
Su Facebook, appunto, mi sono imbattuto in un post del Vicesindaco di Civitanova Marche, Giulio Silenzi che, nel gruppo “Civitanova Speakers’ Corner, comunicava con un certo vanto di aver iniziato a ridipingere, dopo anni di incuria, le cancellate dei giardini della Fiera. Sotto una sequela di critiche, perché vantarsi di un intervento che dovrebbe essere ordinario e che si vuole far passare per straordinario non sembra bello nemmeno a Civitanova. Ma io ho notato un’altra cosa: i toni e la partecipazione. In quel gruppo scrivono un sacco di Civitanovesi. Più che altro ci trovate critiche, segnalazioni di disservizi e lamentale. Lo fanno un sacco di persone e lo fanno a viso aperto, senza paura. Lo fanno anche con un modo sostanzialmente pacato, mai offensivo, critico e duro ma sempre rispettoso. A Montegranaro una cosa del genere non la puoi fare, primo perché si scende subito all’insulto personale (e i primi a farlo sono proprio quelli che dovrebbero dare l’esempio, gli amministratori del paese), secondo, ed è la cosa più grave, la gente non parteciperebbe. La gente da noi non si espone, ha paura, forse, o forse non si interessa. Forse entrambe le cose. Da noi se uno critica è un nemico e va distrutto con tutti i mezzi possibili. Da noi è meglio non criticare, si vive meglio.
Passando per Morrovalle, poi, mi sono trovato col traffico bloccato perché c’era una festa di paese, una delle tante che Morrovalle fa e che, immancabilmente, richiamano un sacco di gente. Questa si chiamava “Incanto d’autunno” e, se vai a vedere, non era certo l’idea più originale del mondo: castagne, prodotti tipici, tradizioni, tutto disseminato lungo il centro storico. Risultato: un botto di gente. Il paese pieno, vivo, pulsante di vita. Eppure non si offriva chissà che, si offriva solo la possibilità di stare insieme e divertirsi, cosa che si cerca di fare anche a Montegranaro ma, da noi, non riesce. Perché?
È una domanda che dovremmo farci e la risposta, a me, fa paura. Perché io penso di saperla, la risposta. E penso che sia questa: non siamo più comunità. A Montegranaro la gente non partecipa alle iniziative perché non si sente parte di una comunità, non vive il paese perché non vede il luogo dove vive come un paese. Siamo scollati, disgregati, disinteressati. Siamo freddi di fronte alle tematiche che riguardano il luogo dove viviamo, quasi come se non fosse casa nostra, quasi fossimo ospiti di passaggio.
Non partecipiamo più a niente, nemmeno alla festa patronale di San Serafino, che di solito radunava tutti i montegranaresi in piazza, alla fiera e a vedere i fuochi e che quest’anno è stata più deserta che mai. Vero, a Veregra Street c’è il pieno, ma la maggior parte è gente di fuori ed è difficile non partecipare a un evento che coinvolge e stravolge il paese nella sua struttura. Vero, c’è la bella prova di insieme del Presepe Vivente, ma non si ripete nell’anno, rimane episodio a sé.
Io credo che Montegranaro stia male, abbia un male grave e difficile da curare. Certo è che non lo stiamo curando, primi fra tutti quelli che sono preposti a farlo ossia quelli che lo amministrano. C’è del veleno nelle vene di questo paese e lo sta uccidendo. Non possono pensarci i cittadini da soli a salvare la comunità di Montegranaro, ci deve pensare il Sindaco, ci devono pensare gli assessori. Devono smettere di fare la guerra a tutto quello che non è come loro lo vorrebbero, a tutti quelli che pensano diversamente da loro. Devono mettersi a servizio della comunità e curarla, questo significa fare politica in un paese come il nostro. Devono essere umili e mettere il bene della comunità cittadina davanti a tutto. E lo devono fare subito, prima che sia troppo tardi.

Luca Craia

lunedì 1 agosto 2016

Veloci alla meta. A qualunque costo.



Mi ha fatto riflettere la domanda fattami da un giovane qualche tempo fa, di ritorno da una gita a Siena in corriera che abbiamo organizzato come Arkeo. Il ragazzo mi chiedeva come mai avessimo percorso solo strade interne per arrivare a Siena, perché non avessimo preso l’autostrada. Ho spiegato che non c’è alternativa, che non ci sono strade più veloci per andare a Siena.
E poi in corriera pensavo a Colfiorito e a tutti i paesini che ora si attraversano per andare dalle Marche all’Umbria. Ripensavo a quella strada percorsa spesso da solo, prima dell’alba, per andare in Toscana per lavoro, al ghiaccio d’inverno, alle stelle lucenti d’estate, al gusto della guida impegnativa, dell’uso intenso del cambio e del volante.
Mi sono anche ricordato di quella volta in cui, in pieno inverno e con un freddo feroce, andando ad Assisi con la famiglia, ci siamo fermati per pur caso in uno strano negozio di Colfiorito a cercare qualcosa da mangiare al volo. C’era una stufa a legna che mandava un tepore godurioso e un profumo di cose buone che stuzzicava appetiti non solo gastrici. Era un negozio senza bancone, con un cucinino sul retro dal quale uscì un ragazzo che prese le nostre ordinazioni e ci fece accomodare su delle panche coperte da cuscini intorno alla stufa accesa, in attesa che ci preparasse i nostri panini. C’era anche uno scaffale con dei libri. Attendendo si poteva leggere. Un’atmosfera strana, bella, d’altri tempi e di cose particolari, intime, legata a profumi e a immagini del passato, immagini inconsuete, senso di pace, idea di tempo immobile.
Ora che la superstrada Civitanova-Foligno è stata ultimata e aperta non attraverseremo più Colfiorito per andare alla versante tirrenica. Ora c’è un nastro di asfalto dritto, gallerie, corsie di sorpasso. Si guadagna almeno mezz’ora per valicare. Ma così dimenticheremo Colfiorito e gli altri paesini. Forse quello strano negozio con la stufa chiuderà perché non ci si fermerà più nessuno per caso. Bisognerà andarci apposta. Bisognerà uscire dalla superstrada per andare di proposito a sedersi davanti a quella stufa accesa.
Io non lo farò, lo so già. Mi farò sedurre dalla possibilità di metterci mezz’ora in meno per andare alla meta. E anche se l’idea di un panino col prosciutto, col pane fresco e il prosciutto affettato a coltello, mangiato in silenzio al caldo del fuoco di legna potrà in qualche modo tentarmi, sono certo che tirerò dritto, perché si va veloci, sempre.
La nostra civiltà va sempre più veloce, non concepisce di dover fare delle curve, delle salite e delle discese, per arrivare alla meta. Non concepisce di imbattersi per caso in qualcosa di bello. Le cose belle le conosciamo, scegliamo di andarci e ci andiamo velocemente, il più velocemente possibile. Siamo abituati a correre, a prendere sempre la strada più dritta e veloce. Arriveremo a Siena risparmiando mezz’ora di tempo. E del negozietto con la stufa rimarrà forse soltanto il vago ricordo di un tepore che appartiene alla fantasia.

Luca Craia

martedì 15 luglio 2014

Il romantico trenino che paralizza il traffico



A Montecosaro Scalo il sottopasso che consentirà all’ex statale 78 di scavalcare la linea ferroviaria Civitanova Marche-Fabriano è quasi pronto. Si tratta di un lavoro imponente, che è costato molti soldi, e che serve ad evitare che l’enorme mole di traffico che la strada in questione porta ogni giorno venga sistematicamente bloccata dal passaggio a livello. Mi sembra lecito domandarmi se questo investimento sia proficuo, se abbia un rapporto costi-benefici interessante oppure se si potesse o dovesse evitare.
La “littorina” che collega la costa all’entroterra è un trenino storico, ha il suo fascino e la sua poesia. Non so se vi è capitato mai di vederlo passare mentre eravate fermi alle sbarre di uno qualsiasi dei passaggi a livello che intersecano l’ex statale. Se si avrete sicuramente notato che, a bordo del piccolo convoglio, raramente ci sono più di dieci persone, macchinista compreso. Contiamo invece quanta gente viene fermata in macchina per consentirne il passaggio. 
Ogni passaggio a livello blocca almeno dieci macchine, quello sulla statale adriatica di Civitanova Marche paralizza l’arteria principale per decine di minuti arrestando il traffico stradale anche nelle vie di intersezione e parallele. Si tratta, quindi, di centinaia di persone bloccate, che perdono tempo, denaro, con veicoli fermi che inquinano inutilmente, il tutto per consentire un servizio di trasporto la cui utilità appare piuttosto limitata, considerando il numero di utenti. E anche quando l’utenza aumenta, ad esempio in orari scolastici, lo stesso servizio potrebbe essere tranquillamente sostituito con una o più corse di autobus. Invece si preferisce spendere denaro pubblico per costruire sottopassaggi e bloccare strade di grande percorrenza. Solite questioni all’italiana.

Luca Craia