Fare la voce fuori dal coro fa tanto figo, ci si sente ganzissimi a
dire il contrario di quello che dicono tutti, magari infarcendo il discorso con
qualche bella parolaccia stile bello e dannato. Così ogni tanto leggi, sui
soliti social network, qualcuno che dice che si è stufato, ne ha proprio le
scatole piene di sentire parlare di Peppina e della sua casetta. E magari sotto
trovi il codazzo di quelli che un’idea loro non ce l’hanno ma concordano con
quelle degli altri, dando ragione a tutto e al contrario di tutto.
Il punto, però, è che la storia di Peppina in sé potrebbe anche essere
diventata un po’ stoppacciosa, ma non va vista nel suo dettaglio ma nella sua
forma metaforica. Peppina e il suo essere pallina da ping pong tra politici in
cerca di passerelle e magistrati che, a quanto pare, non hanno altre cose più
impellenti a cui prestare attenzione, in realtà non è una vecchina sfrattata
dalla sua casa più o meno abusiva dallo Stato cattivo. Peppina è il simbolo di
uno Stato incapace di aiutare e sostenere i cittadini in difficoltà in una
situazione di estrema emergenza.
Peppina metafora dell’inconsistenza di chi governa il Paese. L’Italia
è, grazie a Dio, un Paese libero e liberale, in cui ogni cittadino ha il diritto
di spendere i propri soldi come vuole, nel rispetto delle norme e della libertà
altrui. Il problema sono le norme, che devono adattarsi alle situazioni
emergenziali. In questo caso questa capacità di adattamento non c’è stata e
farne le spese è la signora Peppina. Ma come Peppina ci sono centinaia di
persone che potrebbero costruirsi una dimora sul posto, senza spopolare l’area
colpita dal terremoto, con mezzi propri e nel rispetto dell’ambiente. Serve
però una norma che non c’è, che si poteva fare ma non si è fatta. Si è fatta
propaganda, si è perso tempo, si sono elargite promesse come fossero noccioline
alle scimmie e in tutto questo tempo sprecato si poteva varare una legge
speciale che consentisse ai terremotati in grado di permetterselo di costruirsi
una casa, una sae ma con fondi propri.
La storia di Peppina, come tutte le storie umane, ha lati chiari e
lati scuri, non ci sono santi, martiri o aguzzini. La storia di Peppina va
analizzata non nella sua realtà, che davvero interessa poco, ma nel suo
simbolismo. Fermarsi alla realtà è superficiale, insensibile e fondamentalmente
inutile. Analizzando i fatti da un punto di vista più ampio, inquadrandoli
nella situazione generale, la storia di Peppina dovrebbe insiegnarci un bel po’
di roba, basterebbe riflettere. Se poi ci si sfracassano i gioielli di famiglia
ci si può sempre occupare d’altro: il campionato di calcio, il Grande Fratello
per esempio.
Luca Craia
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