Non c’è capacità di autocritica, nei nostri governanti. A nessun
livello: né a Roma, né ad Ancona, né nei singoli paesini. Non c’è l’umiltà di
dire “stiamo avendo difficoltà” oppure “abbiamo sbagliato l’impostazione, ora
rimediamo”. C’è invece l’ansia di apparire, di vendere fumo, di vantarsi anche
di cose di cui ci si dovrebbe vergognare manipolando abilmente non tanto il
dato quanto il modo di fornirlo.
La Regione Marche è in fortissimo ritardo sulla rimozione delle
macerie. È passato quasi un anno dalla prima scossa agostana, 11 mesi, e chi
gira per le zone terremotate sa che gran parte delle macerie è ancora lì,
insieme a tutto quello che rappresenta in termini di incapacità, inefficienza,
errori e malafede. Eppure esce un comunicato in cui ci si loda del fatto che
sono state rimosse 100.000 tonnellate di materiale. Suona bene: 100.000
tonnellate sembrano davvero tante. Poi scorri il comunicato e scorpi che sono
solo il 15% del materiale risultante dagli edifici privati crollati.
Umiltà. L’umiltà serve a lavorare meglio, perché tutti possono
sbagliare, in buona fede, ma riconoscendolo si cerca anche la soluzione e si
evita di sbagliare in futuro. Qui, invece, non solo non c’è umiltà, ma c’è
qualcosa che somiglia tanto alla malafede. Sembra malafede quando non si
raccontano le cose come stanno, quando non si parla chiaro, quando si
utilizzano vocaboli per far capire e non capire.
Credo che occorre almeno essere chiari. La strategia dell’abbandono è
un’ipotesi che viene sempre più suffragata dai fatti, ma sempre ipotesi rimane.
Ma l’incapacità (voluta o accidentale) di risolvere efficacemente i problemi è
conclamata, e dovrebbero essersene accorti anche i protagonisti. Non sarebbe
ora di prenderne coscienza?
Luca Craia
(foto La
Stampa)
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