Il progetto “Quadrilatero” ha origini lontane, parte oltre dieci anni
fa per creare una rete viaria nuova e al servizio dell’economia regionale di
Marche e Umbria. Nel progetto è inserita anche la cosiddetta “pedemontana”, una
strada a scorrimento veloce, una superstrada, che dovrebbe collegare Muccia a Fabriano.
Nel frattempo, però, molte cose sono cambiate, l’economia è tracollata, ampie zone
del territorio interessato al progetto sono andate in crisi e hanno visto un
forte ridimensionamento del proprio comparto industriale e, di conseguenza,
dell’interesse a questo tipo di infrastrutture. Poi è venuto il terremoto.
I soldi per la ricostruzione sembra non siano sufficienti nemmeno per
iniziare. Si parla di tempi biblici e, già ora, si sta procedendo con una
lentezza esasperante, sempre ammesso che si stia procedendo nel fare qualcosa.
Il terremoto ha inoltre spopolato vastissime aree montane ponendo priorità
nuove, come quella di ricostituire quanto prima i nuclei sociali e urbanistici
per non incorrere in una desertificazione indotta che, di fatto, è già
iniziata.
La pedemontana, già di per sé, avrebbe prodotto effetti negativi sull’economia
di centri dell’interno che, una volta aperta la strada, sarebbero rimasti
tagliati fuori da qualsiasi traffico veicolare, causando così la morte di
attività commerciali e ricettive come sta accadendo per il tratto montano della
superstrada Civitanova-Foligno. Ora diventa ancora più dannosa perché impegna
risorse preziose che sarebbero utilizzabili per accelerare la ricostruzione
post sisma.
Ciononostante si va avanti lo stesso e stanno già partendo i lavori,
con una solerzia che stride con la lentezza e l’inefficienza che si stanno
dimostrando per il terremoto. La pedemontana stravolgerà gli equilibri di
ecosistema dell’intera area interessata. Basti pensare che, solo per la
creazione delle strade di cantiere, verranno abbattute bel 140 querce, essenze
arboree protette fino a che non è chi fa le regole a decidere che non lo siano
più. Verranno distrutti vigneti, massacrati terreni, distrutta un’economia
agricola ed enogastronomica su cui si fondano realtà importanti dell’entroterra,
come Matelica o Castelraimondo.
Uno scempio ambientale ed ecologico che, oltretutto, non serve a un’economia
industriale ormai tramontata, ma che amplifica l’idea di un disegno di
desertificazione del territorio montano marchigiano. Uno scempio ambientale che
non interessa la politica, né quella che decide né quella che controlla. Sono
in corso azioni di protesta, sono sorti comitati per cercare di far tornare
Stato e Regione sulle loro scellerate decisioni ma non trovano interlocutori,
nemmeno nelle opposizioni nazionali e regionali se non per qualche timida e
fiacca presa di posizione poco convincente.
Eppure la pedemontana sarà un massacro totale, sia da un punto di
vista ambientale che economico. Un enorme spreco di soldi pubblici, circa 313
milio di Euro, che potrebbero essere impiegati in modo più proficuo. Un’opera
che, se mai ha avuto valenze positive, oggi avrebbe solo conseguenze nefaste
per il territorio toccato. Eppure si va avanti, nel silenzio del potere e nelle
grida da aiuto inascoltate degli ultimi abitanti delle Marche montane.
Luca Craia
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