Cosa fa, normalmente, un regime? Probabilmente la cosa più importante
è controllare l’informazione. Ricordo i golpe in America Latina, tanto per fare
un esempio, dove la prima cosa, oltre che occupare il parlamento, era di
prendere il controllo di radio e televisione. I regimi moderni, che prendono il
potere senza sparare un colpo di pistola, magari mettendo qualche bomba in giro
– ma questo è un altro discorso – occupano l’informazione piazzandoci
gradualmente i propri uomini e manipolando abilmente le notizie, senza
utilizzare i metodi ridondanti dei tempi antichi.
Se esiste una strategia di desertificazione delle zone montane delle
regioni colpite dal terremoto, ipotesi sempre meno peregrina, essa ha necessità
di essere supportata da una buona campagna di informazione che faccia trapelare
solo quanto sia necessario che trapeli. E questo, a un occhio attento, non
sfugge seguendo il flusso di notizie che arrivano in questo periodo pseudo post
emergenziale.
In effetti, a leggere giornali e a guardare la televisione, sembra
quasi che si stia risolvendo tutto e che siamo nella fase di recupero sociale
ed economico. Chi è stato nelle zone terremotate sa quanto questo sia
totalmente lontano dalla realtà, ma la manipolazione dell’informazione e tanto
efficace da convincere addirittura chi ne è coinvolto direttamente. Siamo bombardati
da notizie su lodevoli iniziative solidali, gesti di altruismo, raccolte fondi,
regali che giungono da mezzo mondo. Pagine e pagine parlano di concerti ed
eventi per promuovere un territorio massacrato dalla furia della natura. Ma non
si parla di macerie da rimuovere che stanno ferme da mesi e nessuno le tocca.
Non si parla di una viabilità compromessa e lasciata così, ad impedire ogni
velleità di rinascita per le attività economiche e turistiche. Non si parla di
beni culturali da mettere in sicurezza, di migliaia di opere d’arte chiuse
negli armadi dei depositi che non si sa quando verranno ritirate fuori.
Non si parla più nemmeno degli sfollati, che sembrano svaniti nel
nulla. Non si parla degli allevamenti, dell’agricoltura ferma, delle fabbriche
che non possono riaprire. Non si parla dei suicidi, della depressione, della
disperazione di chi ha visto stravolgere la sua vita e non vede nulla per poter
recuperare, ripartire, avere un futuro almeno alternativo.
C’è qualche giornalista coraggioso, a livello locale, che tenta di
portare alla luce i problemi che ancora stanno tutti lì, in attesa di soluzioni
mentre se ne creano di nuovi a causa dell’inerzia e dell’evidente volontà di
non fare nulla. E questi giornalisti coraggiosi vengono addirittura accusati di
sciacallaggio, di cercare sensazionalismo per vendere qualche copia in più. I
blogger, come me, seguono la stessa sorte. Solo ieri uno dei tanti grandi
sacerdoti della nuova cultura di regime mi accusava, al solo scopo di delegittimare quello che scrivo, di fare un blog commerciale
perché utilizzi due banner di Google che fruttano poche decine di Euro per
coprire sì e no un terzo delle spese.
Però ci sono i concerti di Marcorè. E un terremotato mi ha detto,
lasciandomi senza parole: “mica ci vorrai togliere pure questo piacere?”. Non
sia mai, ma mi pare che la ricerca del rispetto per i propri diritti e del
dovuto sostegno per avere di nuovo un futuro sia prioritaria. Solo che l’informazione
di regime funziona talmente bene che lo sta facendo dimenticare. A tutti.
Luca Craia
Nessun commento:
Posta un commento