sabato 18 marzo 2017

Visso si sposta a Porto Sant’Elpidio. E forse è quello che volevano.



La storia la apprendiamo dai notiziari, ed è una storia di positività, di speranza, di rinascita. Ci parla di una persona che ha perso tutto a causa del terremoto ma non si è arresa. È arrivata a Porto Sant’Elpidio da Visso, insieme a centinaia di sfollati del paese che lei stessa amministra come assessore al turismo, e qui ha messo radici, ha aperto un’attività che prosegue il lavoro che svolgeva prima a Visso, un negozio di prodotto biologici. Patrizia Serfaustini vuole ricominciare, nonostante le lunghezze burocratiche e una politica che sembra essersi dimenticata dei terremotati. E lo fa spostando la sua economia personale altrove, lontano da Visso. L’intenzione è quella di mantenere, appena possibile, anche l’attività originale di Visso, ma quando la potrà riaprire? Nel frattempo si ambienterà e probabilmente farà della costa la sua casa.
È una storia positiva, senz’altro, almeno per Patrizia, la quale ha fatto una scelta umana perfettamente condivisibile e comprensibile. Ma forse questa scelta è quello che vogliono si faccia, quello che si sperava accadesse. La gente, spostata lontanissima dalle proprie radici, ha la necessità di attecchire, di piantarne di nuove. E lo fa altrove, come ha fatto Patrizia. È normale che questo accada, perché la gente ha bisogno di stabilità, ha bisogno di avere una casa, intesa come punto di riferimento, come base per la propria vita.
Il terremoto ha tolto la casa, il lavoro, la comunità a tantissima gente. La politica, la burocrazia, l’inadeguatezza di chi ha gestito l’emergenza o forse un disegno preciso hanno tenuto lontana questa gente dalla propria terra per molto, troppo tempo. La conseguenza naturale è quello che ha fatto Patrizia: piantare radici altrove.
Come Patrizia temo siano in tanti a organizzarsi, a ricrearsi una vita lontano dal proprio paese distrutto dal terremoto. E questo, forse, appartiene a un disegno preciso, a un progetto in cui il terremoto ha solo fornito l’avvio, il giusto pretesto. Se la gente attecchisce sul litorale difficilmente tornerà a vivere nella zona montana, dove la vita è più dura, più difficile. Ecco il progetto di spopolamento programmato, ecco come si svuotano i piccoli centri della fascia montana, ecco come si libera territorio e lo si consegna, privo di controllo, a chi potrà farne l’uso che desidera.
In questo Patrizia non ha colpe, né ce l’hanno quelli che, come lei, e temo siano tanti, faranno scelte analoghe. Ma se questo disegno esiste, chi l’ha progettato si sta assumendo enormi responsabilità, in nome di chissà quale profitto. La desertificazione della zona montana avrebbe conseguenze disastrose per tutto il territorio circostante, per tutto il Paese. Ed è già cominciata, in mezzo a una paralisi di interventi che perdura da troppo tempo. Colpevolmente.

                                      
Luca Craia

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