lunedì 13 marzo 2017

L’Università Politecnica delle Marche contro lo spopolamento. Ma non c’è alcun modello da ripensare.



In molti, a seguito del terremoto del 2016 che ha colpito il centro Italia, si è fatta strada l’idea che ci sia un disegno volto a spopolare le aree montane colpite. Può sembrare un idea bislacca ma trova ragione di esistere nel quasi totale immobilismo e nell’intralcio sostanziale a qualsiasi attività di recupero portata avanti autonomamente. A prescindere, però, da progetti politici o presunti tali, il rischio di spopolamento dell’area montana dopo il terremoto è oggettivo e concreto.
Per questo l’Università Politecnica delle Marche ha promosso un Master sullo spopolamento delle aree interne colpite da eventi sismici, un progetto che coinvolge ben quaranta università e istituti di ricerca ed è destinato a giovani laureati (con laurea magistrale) in, Architettura, Ingegneria, Geologia, Economia e Geografia L’obiettivo è di formare professionalità capaci di coordinare le varie componenti della gestione emergenziale e post emergenziale in una sorta di “consiglio delle istituzioni”, che raccorderebbe abitanti, amministrazioni locali, Regioni e Commissario per la ricostruzione.
Coordinare e raccordare tutti gli elementi che concorrono alla ricostruzione è un’idea elementare e naturale, anche se questo non è avvenuto nel caso dell’ultima emergenza. Quello che lascia perplessi è che pare che la volontà sia di “ripensare il modello insediativo, sociale ed economico della montagna”, concetto che mi pare vada a comprovare l’idea che dicavamo inizialmente, ossia quella del disegno di spopolamento. In questo caso non si parla di spopolare le aree ma di ripensarne il modello, e non se ne capisce la ragione. Il modello economico delle aree colpite, almeno di quelle dell’ultimo sisma, è un modello che funzionava e potrebbe di nuovo funzionare. Basterebbe ripristinarlo con la massima celerità, al contrario di quanto si sta realmente facendo.
               
Luca Craia

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