giovedì 10 novembre 2016

Le Marche dimenticate



È forse il terremoto più brutto della storia moderna. Lo è per le purtroppo tante vittime, per gli ingentissimi danni, per le enormi sofferenze a cui gli scampati sono ora soggetti. Lo è perché capita nel momento storico più buio della nostra storia, un momento in cui non c’è un governo che faccia davvero gli interessi nazionali, in cui c’è una crisi economica senza precedenti, in cui la società stessa si sta sfilacciando, in cui la percezione della realtà e manipolata come non mai.
A farne le spese sono tutti i terremotati che, dal primo movimento tellurico, avvenuto ormai due mesi e mezzo fa, ancora non hanno visto un provvedimento, solo uno, che li faccia sperare in qualcosa. Ci sono ancora le tende che volano via col vento, i pantani di fango, le mense comuni. I nostri tesori d’arte sono lasciati alle intemperie, non fosse per i volontari, con un MIBACT assolutamente assente e un Franceschini latitante. Siamo ancora in piena emergenza dopo un tempo enorme dalla prima emergenza, un tempo in cui si sarebbe dovuto iniziare a ristabilire una certa normalità.
Le Marche stanno messe peggio rispetto al Lazio martoriato. Le stanno già dimenticando, non se ne parla quasi più e questo è un bruttissimo segnale. Spariti dai telegiornali Castel Sant’Angelo, Ussita, Visso. Figuriamoci i centri che hanno subito relativamente meno danni. Non ci sono state vittime nelle Marche nel sisma più recente, grazie a Dio. Ma abbiamo perso paesi interi, tesori inestimabili. La nostra fascia montana e pedemontana, e per pedemontana, per la nostra geografia, significa a venti chilometri dal mare, non ha più parte della propria economia, quella legata al turismo culturale. E non si vede nulla all’orizzonte, a parte i proclami incredibili e puerili del Presidente del Consiglio.
Andando di questo passo non ci sarà alcuna ricostruzione. Del resto L’Aquila docet, la città è ancora un fantasma e quella è L’Aquila, mica Ussita. La gente, trapiantata sulla costa, se non ritorna in fretta sulle proprie terre le perderà, attecchirà sul litorale, troverà qui sostentamento e non tornerà più verso le proprie radici che moriranno. È necessario agire in fretta ma non pare aria. Le Marche, oggi, vedono davanti a loro un destino segnato: la desertificazione di un territorio bellissimo, tra i più belli d’Italia, ricchissimo, potenzialmente una miniera d’oro che viene lasciata morire, implodere sotto il peso non delle macerie ma dell’incapacità e della disonestà di chi prende le decisioni e non le prende. È una tragedia immane, infinita, un genocidio culturale portato avanti con televendite politiche che ci fanno credere il contrario. E il bello è che ci crediamo.

Luca Craia

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