mercoledì 26 ottobre 2016

Gorino e la guerra tra i poveri. La stupidità delle tifoserie.



Quella di Gorino è una delle pagine più tristi che io abbia letto ultimamente. È un episodio raccapricciante e rappresenta nella sua crudezza tutto il senso di questi giorni sciagurati che stiamo vivendo. Ed è irritante come l’informazione è stata gestita, ancora una volta manipolata in modo di creare le solite due tifoserie, opportunamente contrapposte e pronte alla pugna l’una contro l’altra: i pro immigrati, arrabbiatissimi contro gli abitanti di Gorino, definiti con i termini più dispregiativi che la mente umana possa concepire, e i pro abitanti di Gorino, salvatori della Patria e ultimo baluardo di civiltà. È questa la parte più brutta della vicenda: i soliti due partiti di benpensanti, i leoni da tastiera, i moralisti del bianco e del nero, quelli con la ricetta giusta per definire il bene e il male.
Credo che quella che vediamo, invece, sia una tristissima, bruttissima, deprecabilissima guerra tra vittime dello stesso sistema disumano e disumanizzante, una guerra tra poveri cristi, uno sbranarsi per l’osso che è sempre più spolpato. I rifugiati sono vittime di guerre, povertà, sono i martiri del sistema globalizzato, le pedine di un gioco geopolitico che sta modificando in senso peggiorativo estremo l’intero mondo come lo conosciamo. In un contesto normale sarebbe altrettanto normale e logico accoglierli e aiutarli ma in Italia non c’è un contesto normale: ci stanno inculcando la paura, il senso di insicurezza viene inoculato quotidianamente ed è fondato, ma viene stillato nel sangue degli Italiani cosicché vedano lo straniero come un pericolo in sé. L’Italiano fa fatica a vivere, a mantenere il proprio livello qualitativo di esistenza. È facile utilizzare la rabbia e l’insicurezza che prova per alimentare il dualismo tra i buoni e i cattivi.
Il meccanismo è semplice: ognuna delle due parti è convinta di essere nel giusto, di essere il buono. Capiamoci: esiste un problema immigrazione in Italia ed è un problema enormemente grave. Ma il fatto di Gorino c’entra poco. Qui siamo di fronte alla manipolazione pura del problema per creare un ennesimo diversivo mediatico che sposti l’attenzione altrove, lontano da quello che nessuno vorrebbe che venga notato, capito, elaborato.
Per questo non voglio partecipare a nessuno dei due cori da stadio. Credo che tutti gli attori di questo dramma ne siano contemporaneamente vittime. Il carnefice, nella rappresentazione, non c’è, è altrove. Invece di inveire l’uno contro l’altro, cerchiamo di scovarlo e smascherarlo.

Luca Craia

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