giovedì 31 marzo 2016

Spieghiamo perché la rotatoria e non il semaforo



Non mi pare che debba essere necessario, perché chiunque guidi un veicolo semovente (non dico una macchina, basterebbe un triciclo) dovrebbe sapere la differenza che c’è tra il percorrere un incrocio regolato da semaforo e uno in cui insiste una rotatoria. Però ho visto diversi commenti su Facebook che si chiedevano perché sprecare soldi per un incrocio dove già ci sono i semafori se tanto la gente, poi, non rispetta né questi né un’eventuale rotatoria. Quando poi leggo articoli di giornale che si pongono la stessa domanda, chiedendosi, appunto, perché bisognerebbe spendere soldi per “una costosa rotatoria” allora, forse, è meglio spiegare, perché sembra ci sia chi non capisce.
La “costosa rotatoria” serve per salvare vite umane. Se diamo per assunto che la vita umana non ha prezzo, la “costosa rotatoria” diventa automaticamente molto economica. Ora vediamo perché le amministrazioni pubbliche di mezzo mondo preferiscono utilizzare la rotatoria anziché il semaforo per salvare vite umane: il semaforo, quando è rosso, indica che bisogna fermarsi ma capita, si sa, che qualcuno non lo faccia, vuoi per distrazione, vuoi per errore, vuoi per un guasto meccanico, vuoi perché si ritiene più furbo degli altri. Quando questo accade chi non si ferma arriva in mezzo all’incrocio a velocità sostenuta e, se incontra un altro veicolo, ci può scappare il morto.
Cosa cambia con le rotatorie? Cambia che, chi non rispetta la precedenza deve comunque rallentare, altrimenti finisce in mezzo alla rotatoria. È facile capire che, per quanto gli incidenti possano ancora capitare, con la rotatoria la loro gravità cala bruscamente proprio per la minore velocità di impatto. Ecco perché una rotatoria è di gran lunga preferibile al semaforo. Ecco perché stanno mettendo rotatorie dappertutto. Ecco perché sarebbe bene metterne un paio anche lungo la Mezzina. Poi se per certi giornalisti i morti contano meno del volere del Presidente della Provincia, questo è un altro paio di maniche.

Luca Craia

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