martedì 3 novembre 2015

Calzaturiero mai così in crisi. E la politica pensa ad altro.



Leggo con preoccupazione l’articolo di oggi su La Provincia di Fermo.com, il notiziario online che si occupa prevalentemente del Fermano, che ci riferisce in maniera molto chiara quale sia la situazione per la quattro maggiori vertenze dovute alla crisi del comparto calzaturiero e che interessano importanti aziende del territorio fermano. Approfitto per fare i complimenti a Raffaele Vitali per essere l’unico ad approfondire la questione che è di vitale importanza ma sembra non interessare nessuno. E il problema è proprio questo: la nostra monocoltura economica, la produzione di scarpe, che tanta ricchezza e benessere ha generato in passato, oggi sta morendo. E muore nell’indifferenza generale.
A Montegranaro la produzione di calzature è in calo da decenni, sia per contingenze economiche sia perché i nostri imprenditori spesso hanno preferito portare il lavoro all’estero piuttosto che continuare, magari con margini di profitto più ristretti, a far vivere la loro terra. Scelte legittime, per carità, dovute alle difficoltà per produrre in Italia ma anche a volontà imprenditoriali precise. La questione, però, è seria e potrà avere conseguenze pesantissime sull’equilibrio sociale del territorio.
La questione Calepio ha fatto sì che il problema, a Montegranaro, assumesse contorni ancora più gravi, a causa dell’impossibilità, per anni, di impiantare economie industriali alternative alla calzatura, proprio per l’assenza logistica di una zona industriale moderna e attrezzata. La situazione, quindi, ha un potenziale negativo impressionante. Ciononostante vedo la politica, soprattutto nel sociale, molto distratta, preoccupata di altre cose, interessata ad altro.
Non ho visto azioni importanti ma, soprattutto, non ho visto alcuna analisi della situazione e alcuna proposta per la sua gestione futura. Perché, vedete, è probabile che, a Montegranaro, nei prossimi anni dovremo vivere una situazione economica molto diversa da quella del passato e anche da quella attuale. Sarebbe necessario studiare le possibili conseguenze della crisi e provare, fin d’ora, a trovare delle soluzioni. Ad oggi, però, non registro alcuna azione in questo senso. È un atteggiamento miope o rassegnato? Non saprei dirlo, ma certamente spendere tante energie per questioni tutto sommato futili e non preoccuparsi del futuro sociale ed economico non è certo atteggiamento da buon amministratore.

Luca Craia

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