mercoledì 19 novembre 2014

Ricordo di mio padre 2014.



Mio padre all'organo di SS.Filippo e Giacomo
Il 20 novembre di tre anni fa, mentre gli tenevo la mano, esalava l’ultimo respiro mio padre, Cesare Craia. Babbo era, per citare una vecchia canzone di Venditti, una montagna troppo alta da scalare. Ma noi Craia abbiamo il suo dna e, davanti alle montagne andiamo su dritti, anche a costo di romperci il collo. Quello che sono viene da lui, nel bene e nel male. A lui devo la mia educazione, da lui ho imparato ad essere onesto prima di tutto nell’animo, anche a costo di perderci. Da lui ho imparato a essere combattivo, a non arrendermi anche se, a volte, sarebbe la via più facile. Da lui ho preso quella parte creativa che non mi da pace e che mi spinge a inventarmi ogni giorno cose nuove, nuove sfide, nuovi progetti. Da lui ho preso questo maledetto carattere che mi porta ad avere più nemici che amici ma al quale non posso e non voglio rinunciare. Babbo mi manca, ogni giorno di più, anche se con lui era un litigio continuo per poi cercarsi continuamente e confrontarsi su ogni cosa, lui mio faro sulla strada buia, io suo bastone per la vecchiaia, come gli piaceva definirmi. Mi manca, molto, ma ce l’ho con me ogni istante e in ogni istante gli chiedo consiglio, mi chiedo cosa farebbe lui al mio posto. Spesso ho le risposte che cerco. Ce le ho nel suo ricordo, nella sua immagine di uomo impressa nella mia memoria, nel mio spirito, nella mia mente. Ho avuto un padre eccezionale, più alto di me, più avanti di quanto io possa mai arrivare. Ne vado fiero.

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