martedì 14 gennaio 2014

I marò e gli Italiani sacrificabili per interessi economici.



La vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò italiani di cui tanto si parla ma i cui nomi nessuno sembra voler pronunciare quasi in un tentativo anticipato di rimozione dalla memoria di quello che è probabilmente l’episodio più vergognoso della storia d’Italia degli ultimi anni, costituisce la misura dell’imbarbarimento della nostra società e di quanto siano esauriti i valori che dovrebbero essere elemento fondante di un Popolo e di una Nazione.
Le rivelazioni dell’ex ministro Giulio Terzi circa l’importanza, nel determinare il pasticciaccio dei marò, di “fortissime pressioni di gruppi economici” non sono sorprendenti in sé in quanto già avevamo capito che i rapporti economici tra Italia e India erano l’elemento che preoccupava maggiormente i nostri governanti in tutta la questione. Però sentirselo dire ferisce chi ancora crede che la vita umana non abbia prezzo e che non ci sia accordo economico o rapporto commerciale che possa valere di più.
Eppure anche Terzi parla di queste “pressioni” solo ora, dopo che si registra un certo interessamento, non so quanto credibile, da parte dell’Europa. Ecco allora spiegato perché i tanti sforzi profusi dalla nostra diplomazia, almeno così ci hanno fatto credere, non hanno prodotto risultati apprezzabili: i tanti sforzi non sono andati nella direzione che più potrebbe far male all’India e, quindi, portarla a più miti consigli circa la sorte dei nostri connazionali. La direzione, ovviamente, è quella economica.
Ma, a quanto pare, non si possono intaccare i rapporti commerciali, da cui i due militari rischiano sul serio la pena di morte per non creare problemi all’import-export. Questo, oltre alla drammaticità del caso specifico, ci fa capire cosa conta in Italia e cosa no e, soprattutto, chi conta e chi no. Si ha il sospetto, a questo punto legittimo, che si potrebbero mandare al macello tutti gli Italiani soltanto per salvaguardare gli interessi di questi fantomatici “gruppi economici”.

Luca Craia

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